Fincantieri-Stx, pro e contro secondo Guarguaglini

“Il nome Airbus dei mari è evocativo di un gruppo che rappresenta tutta l’industria europea della cantieristica da crociera. Rispetto all’industria civile aeronautica, che produce in serie, la cantieristica dal punto di vista industriale sarebbe appropriato paragonarla a un’alta sartoria, o a una gioielleria”. E’ stato per nove anni numero uno della Finmeccanica e, prima, per tre anni alla guida di Fincantieri, che ha portato dal profondo rosso al risanamento. Pier Francesco Guarguaglini ha un palmarès che lo rende uno dei maggiori esperti internazionali di industria dell’aerospazio e difesa.

Guarguaglini parla con Poteri Deboli della questione Fincantieri-Francia, esplosa intorno al controllo di Stx e ampliatasi, su proposta del governo francese, fino all’ipotesi di un grande accordo esteso alle navi militari. Chi ci guadagnerebbe?

L’operazione Stx

Il grande cantiere navale francese di Saint-Nazaire rafforzerebbe la capacità produttiva di Fincantieri, soprattutto nelle navi da crociera. Il nuovo presidente francese Emmanuel Macron però ha frenato la cessione del controllo agli italiani. Parigi ha proposto, o almeno così sembra, di dare il via libera al progetto di Giuseppe Bono a patto che Italia e Francia avviino un percorso che dovrebbe portare alla messa in comune della produzione di navi militari. Quest’attività dovrebbe quindi essere controllata da Fincantieri insieme a Naval Group, società pubblica francese, in cui ha una quota (il 25%) anche Thales, un grande concorrente dell’ex Finmeccanica, oggi Leonardo.

Palmarès. Pier Francesco Guarguaglini ha guidato Finmeccanica e Fincantieri

Airbus dei mari

Cominciamo dalle navi da crociera e dall’etichetta di “Airbus dei mari“, usata sulla stampa per definire l’ipotizzata nuova società europea tra Fincantieri e Stx. “Non è un’espressione azzeccata. Gli aerei commerciali _ spiega Guarguaglini _ sono una produzione di serie su larga scala, le navi da crociera sono pezzi unici, un lavoro di alta sartoria o gioielleria. Le navi da crociera non si possono paragonare a Airbus. Perché l’attività di Airbus, la costruzione di aerei commerciali, prevede uno sforzo finanziario notevole da parte della società costruttrice per lo sviluppo di un nuovo prodotto. Innanzitutto va studiato bene il mercato, le esigenze delle aerolinee e quali nuove tecnologie utilizzare e valutare quale quantità di aerei si presume di vendere. Poi, durante lo sviluppo, inizia la commercializzazione. Occorre ottenere una mole di ordini che permetta una produzione elevata, il tutto per riuscire ad ammortizzare i costi di sviluppo e successivamente allestire un’assistenza postvendita adeguata”.

Lo stile Harrison

Osserva Guarguaglini: “Una nave da crociera invece è ordinata da uno specifico armatore. Il quale chiaramente impone il proprio stile. Perfino un armatore che possiede più linee impone stili diversi. Infatti l’armatore più famoso, Micky Harrison, non accetterebbe mai che le sue linee abbiano navi uguali. Per esempio nel suo gruppo la Holland American Line ha uno stile diverso da Carnival, che è diverso dalla Costa. Gli armatori si aspettano l’unicità del prodotto, un costruttore che abbia un’alta tecnologia per soddisfare i desideri dei clienti finali, che sono i crocieristi. Alta affidabilità nel costruirla e nel consegnarla. Nella nave da crociera i costi di progettazione vengono recuperati tutti nel costo della nave, in genere gli armatori ne ordinano da due a quattro. Pertanto il costruttore si può paragonare a un sarto di alta qualità e capacità. E Fincantieri è sicuramente la società migliore del momento in questo. Gli altri hanno fatto dei tentativi, per esempio i tedeschi, ma non hanno raggiunto lo stesso livello”.

Varo. La nave Carnival Horizon, costruita da Fincantieri a Porto Marghera

Impegno finanziario

Un’altra caratteristica, spiega Guarguaglini, è che “l’impegno finanziario per costruire una nave è limitato. La nave viene sviluppata in due passaggi. Il primo è la costruzione dello scafo. Il secondo è l’allestimento. Il cantiere ordina all’esterno i teatri, le cabine, i ristoranti, tutto ciò che rende gradevole la presenza a bordo in una crociera. Gli armatori pagano la nave il giorno della consegna. E i fornitori dei teatri e di questi allestimenti li consegnano pochi giorni prima della consegna della nave al cantiere e in quel momento vengono pagati. Quindi non c’è bisogno di fare debito o di rimanere con un’esposizione finanziaria. La formula Airbus dei mari crea una distorsione nel ragionamento, porta fuori strada”. Secondo Guarguaglini “se Fincantieri compra un cantiere come Stx ha diritto a prenderne il controllo. Altro discorso il militare”.

Accordo nel militare o trappola?

Secondo le versioni circolare sulla stampa, i francesi per dare il via libera a Fincantieri su Stx vorrebbero mettere insieme le attività nelle navi militari dell’industria francese (l’ex Dcns, che da giugno si chiama Naval group) con quelle di Fincantieri. Ma l’industria militare francese, peraltro non solo nelle navi, ha dimensioni molto superiori a quella italiana. Quindi mettere insieme le due attività ed esercitare “insieme” il controllo significherebbe probabilmente consegnare ai francesi anche il controllo sulle attività italiane nelle navi militari. Insomma, la controfferta francese per dare il via a Fincantieri all’acquisto di Stx rischia di essere una trappola per l’industria italiana cantieristica e anche della difesa.

Francesi più grandi nel settore difesa

Guarguaglini fa notare che “i francesi, anche escludendo le portaerei, hanno un mercato interno superiore del 50-70% all’Italia. Inoltre hanno una capacità elevata di vendere in giro per il mondo, grazie al supporto del governo francese. Dal punto di vista tecnologico non sono inferiori alla Fincantieri”. L’ex numero uno di Finmeccanica e Fincantieri spiega che “Dcns ha sempre avuto al suo interno una capacità sistemistica che Fincantieri non ha. E’ abbastanza strano quindi che in Italia si pensi di poter prendere il controllo di queste attività“. L’allargamento del terreno sul quale fare un accordo con gli italiani “potrebbe essere un’astuzia dei francesi”, in quanto “l’attività militare è strategica per il governo francese e non ne cederebbe di certo il controllo agli italiani”.

C’è un altro lato insidioso in un possibile ampio accordo navale italo-francese, che riguarda l’ex Finmeccanica. Si tratta delle forniture di sistemi, radar, sistemi missilistici e altri armamenti di bordo. “Bisogna mettere in campo i rapporti da una parte con Thales e dall’alltra con Leonardo-Finmeccanica. E stare attenti che i francesi non prendano il sopravvento e finiscano per privilegiare la loro industria nelle forniture di sistemi, radar, armamenti. Ci sono già stati casi in passato”.

Gruppo europeo. Giuseppe Bono, ammiistratore delegato di Fincantieri

Il caso Singapore

Guarguaglini racconta il caso di Singapore. “Quando Dcns, tramite il governo francese, vendeva le navi militari, i francesi tiravano a non rispettare i patti. Accadde con la vendita di navi a Singapore fatta a cavallo tra la fine del secolo scorso e l’inizio di questo. Nei sistemi missilistici, quando nacque la società transnazionale Mbda, era stato fatto un accordo tra Italia e Francia, per evitare sovrapposizioni. Fu stabilito di mantenere le rispettive specializzazioni. Siccome Thales faceva un radar per sistemi terrestri, si chiama Arabel, mentre l’ex Selenia faceva il radar per i sistemi navali (Empar), si stabilì che i francesi avrebbero fornito i sistemi terrestri e gli italiani i sistemi navali.” “Ebbene, i francesi _ prosegue Guarguaglini _ sono riusciti a mettere i radar Arabel a Singapore nei sistemi navali, violando gli accordi. Questo è successo prima che arrivassi in Finmeccanica nel 2002. Successivamente rinfacciai la scorrettezza al capo di Thales, Denis Ranque.” Il quale, per le curiose combinazioni della storia, oggi è presidente di Airbus.

Thales e Leonardo

Qual è la lezione che se ne trae? “Quindi un eventuale accordo militare tra Italia e Francia sulle navi può andar bene solo se si fanno dei patti molto chiari, che garantiscano Fincantieri e se ci entrano anche Thales e Leonardo”. Ma la cosa non si esaurirebbe con le navi. “Fra Leonardo e Thales _ conclude Guarguaglini _ ci dovrebbe essere un accordo più ampio, perché il navale è solo un pezzo”.

L’accordo ampio con Thales nell’elettronica è stato un obiettivo in passato, quasi un’utopia. Finmeccanica e Thales hanno tentato di raggiungerlo quando Thales era più piccola e abbordabile. Ma l’accordo “fu stoppato dal governo francese”, ricorda Guarguaglini. Oggi Thales è più grande e più efficiente di Leonardo. E fare un accordo paritario è praticamente impossibile.