Leonardo, Profumo sospende Biraghi

Scossone al vertice di Leonardo, l’ex Finmeccanica, che oggi in Borsa ha perso il 2% a 9,24 euro, all’indomani dell’assemblea degli azionisti che ha approvato il bilancio 2017 con redditività in ribasso. Uno dei più alti dirigenti del gruppo, Andrea Biraghi (nella foto in alto, a sinistra), è stato sospeso dall’incarico con accuse pesanti sulla sua condotta e deve dare giustificazioni entro 15 giorni alle contestazioni che gli sono state mosse.

Se le controdeduzioni non saranno giudicate soddisfacenti dall’azienda _ ipotesi ritenuta improbabile _ Biraghi potrebbe essere licenziato. Il termine per rispondere scadrà tra pochi giorni, perché la sospensione di Biraghi _ il cui nome figura tutt’ora sul sito del gruppo nell’elenco dei top manager che riportano direttamente all’a.d. Alessandro Profumo _ risale ad almeno una settimana fa, anche se non è stata ufficializzata.

Divisione Cybersecurity

Biraghi è il capo della divisione Sistemi per la sicurezza e informazioni, l’area detta “cybersecurity”, una delle aree più sensibili nel gruppo dell’aerospazio e difesa guidato da Alessandro Profumo.

La notizia non è ufficiale, ma è confermata da fonti autorevoli. Secondo voci anche alcuni altri alti dirigenti sarebbero stati sospesi da Leonardo, ma non ci sono conferme.

La decisione dopo un audit

Poteri Deboli ha appreso che la sospensione di Biraghi è stata decisa in seguito a un’attività di audit, il controllo interno che fa capo a Marco Di Capua. Biraghi, ingegnere, era stato nominato a capo di quest’attività nel 2015 quando c’era ancora la società Selex Es e poi a capo di una delle sette divisioni dell’ex Finmeccanica da Mauro Moretti, che è stato amministratore delegato dal 2014 al 2017.

Contestato l’uso di una Porsche

Le accuse riguarderebbero rapporti con i fornitori. A Biraghi sarebbe stato conestato anche l’utilizzo di una Porsche personale. Da fonti confidenziali risulta che Biraghi è stato accompagnato fuori dalla sicurezza, gli è stato ritirato il badge, gli è stata tolta la macchina aziendale, non può rientrare in azienda.

Con l’arrivo di Profumo, un anno fa, Biraghi era stato confermato, mentre altri capi divisione e top manager sono saltati, tra cui l’ex responsabile della divisione elicotteri, Daniele Romiti, sostituto alla fine dello scorso settembre da Gian Piero Cutillo, già Cfo del gruppo.

Sanzione. Alessandro Profumo, a.d. di Leomardo

Figlio dell’ammiraglio

L’ingegner Biraghi è stato nella rosa di nomi circolati per la successione a Moretti l’anno scorso, finché il premier Paolo Gentiloni ha deciso di puntare sull’ex banchiere di Unicredit ed ex presidente di Mps Profumo. Biraghi era in competizione con un altro manager dell’elettronica, Lorenzo Mariani, che poi è stato nominato da Profum oa capo della nuova direzione centrale commerciale del gruppo. Secondo indiscrezioni sarebbe stato Mariani a lanciare l’audit su Biraghi.

Andrea Biraghi è figlio dell’ammiraglio Sergio Biraghi, ex capo di Stato maggiore della Marina, presidente di Fincantieri Usa. L’ammiraglio dieci anni fa è passato dalla Marina, cioè il cliente pubblico che ordina le navi  militari alla Fincantieri, a fare il manager del gruppo industriale che beneficia degli ordini firmati dalla Marina.

I rapporti con Fincantieri

Il gruppo Fincantieri, guidato da Giuseppe Bono, è rivale di Leonardo ed è in corso un serrato confronto per decidere le rispettive competenze qualora vada in porto l’alleanza voluta da Bono con l’industria navale e militare francese, tra Fincantieri e Naval Group. La prima versione dell’alleanza con i francesi voluta da Bono (e molto appoggiata da ambienti italiani legati alla massoneria francese) avrebbe rischiato di escludere il gruppo Leonardo dalle forniture di sistemi e apparati elettronici alle navi militari del costituendo raggruppamento tra Fincantieri e Naval Group, privilegiando l’industria francese, tra cui Thales. Profumo da alcuni mesi sta cercando di raddrizzare la situazione. L’esito di questi negoziati è ancora incerto.

Una vendita controversa

Ricordiamo che in un articolo del Fatto quotidiano l’8 dicembre 2016 Marco Lillo aveva riferito della controversa cessione di un piccolo ramo d’azienda dell’ex Finmeccanica a un prezzo molto basso a un’impresa i cui azionisti erano vicini a Matteo Renzi, nonostante fosse successivamente stato proposto un prezzo più alto. Nell’operazione sembra abbia avuto un ruolo anche Biraghi.

Ads. Matteo Renzi e Pietro Biscu

Amici di Renzi

Già il 5 novembre 2015 era stato siglato l’accordo privato tra le due società ma quattro giorni dopo, e 22 giorni prima dell’atto pubblico davanti al notaio, un manager interno aveva proposto con una lettera all’a.d. di Leonardo, Moretti, oltre che ai vertici di Selex Es, di comprare lui a 700mila euro il ramo d’azienda.

Per conto di Selex Es, Andrea Biraghi il 9 novembre _ ha scritto il Fatto _ rispose che Selex aveva già firmato con altri accordi “vincolanti”. Poteva Selex svincolarsi da quel contratto tra privati non ancora firmato davanti al notaio? Poteva chiedere un rialzo fino a 700mila euro ad Ads?

Domande senza risposta

Domande che pare siano rimaste senza risposta. Il ramo d’azienda denominato Ants fatturava circa 4 milioni di euro vendendo un prodotto di nicchia mirato al controllo della qualità delle reti telefoniche in tutto il mondo. Al Fatto gli acquirenti hanno detto: “Ants fattura solo 2 milioni” (Pietro Biscu) oppure “vale zero” (Luigi Dagostino, vicino alla famiglia Renzi).

Non abbiamo alcun elemento per collegare la sospensione di Biraghi con questa cessione, ma riferiamo questa controversa vicenda per completezza d’informazione.

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