Nomine Cdp, maretta sulle deleghe

Il fragile accordo politico sulle nomine alla Cassa depositi e prestiti è saltato. Il motivo, a quanto appreso da Poteri Deboli, è un problema di deleghe. E più precisamente i poteri da assegnare al candidato direttore generale, Fabrizio Palermo.

Per questo l’assemblea convocata per ieri per la nomina del nuovo consiglio di amministrazione è stata nuovamente rinviata, per la quarta volta. La prossima seduta è stata fissata per il 24 luglio.

Nei giorni scorsi sembrava che, dopo molte discussioni nel governo, fosse stata trovata l’intesa su una terna, composta da Massimo Tononi come presidente, Dario Scannapieco amministratore delegato, Fabrizio Palermo direttore generale.

Tononi è già stato indicato dalle Fondazioni bancarie, che sono azioniste con il 16% circa della Cdp. Scannapieco è sostenuto dal ministro dell’Economia, Giovanni Tria. Palermo è il direttore finanziario di Cdp che ha l’appoggio del M5S.

Le nomine però non sono state fatte. “Devo lavorare, c’è da lavorare”, ha detto ieri poco dopo le 11 il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, della Lega, a chi gli chiedeva se ci fosse un accordo sulle nomine. Giorgetti nelle scorse settimane aveva sostenuto la canddiatura di Marcello Sala, ex vicepresidente del consiglio di gestione di Intesa Sanpaolo e leghista Doc, le cui chance però sono tramontate nell’ultima settimana.

Probabile che la Lega abbia ottenuto come compensazione un’altra poltrona, ad esempio il nuovo a.d. delle Fs, al posto del renziano Renato Mazzoncini, che è stato rinviato a giudizio per truffa. Per via della clausola etica nello statuto delle Fs, Mazzoncini sarà considerato decaduto a meno che non venga rinnovato dall’assemblea dei soci prima di Ferragosto. Tra i papabili graditi alla Lega c’è l’avvocato Giuseppe Bonomi, ex presidente di Alitalia e di Sea ed ex deputato della Lega.

 

Cfo. Fabrizio Palermo

Verso le 14 di ieri è saltato tutto. Il retroscena, ci ha riferito una fonte autorevole, va ricercato nel perimetro delle deleghe da attribuire al candidato d.g. Palermo, che Scannapieco ha fatto arrivare attraverso il ministero dell’Economia, l’azionista che possiede più dell’80% del capitale della cassa. Le deleghe di Palermo sarebbero sottratte all’a.d., pertanto più queste sono ampie e maggiore sarebbe la riduzione dei poteri di Scannapieco.

L’attuale vicepresidente della Bei avrebbe dato un’indicazione prima dell’assemblea mettendo dei paletti, una limitazione alle deleghe per il direttore generale. Questo per mettere subito in chiaro chi fa che cosa ed evitare il rischio di una lite all’interno del nuovo cda nei giorni successivi alla nomina.

Di fronte a questa comunicazione Palermo si sarebbe irrigidito, avrebbe detto ai suoi referenti di sentirsi limitato e di volersi giocare la poltrona di amministratore delegato. A questo punto l’assemblea è stata aggiornata.

Va ricordato che Palermo, come già riferito da Poteri Deboli, aspirava alla carica di a.d. della Cdp e, se questo non fosse possibile, avrebbe fatto un pensierino anche alla poltrona di a.d. di Fincantieri, controllata da Cdp attraverso la Fintecna. Le nomine alla Fincantieri ci saranno però solo l’anno prossimo. L’a.d. è Giuseppe Bono, che ha sempre avuto buoni rapporti con Palermo, al punto da considerarlo un delfino per la sua successione. Palermo è stato Cfo e vicedirettore generale di Fincantieri fino all’ottobre 2014, quando è passato alla Cdp, inoltre da maggio 2016 è nel cda di Fincantieri.

Ma Bono, che ha 74 anni, evidentemente ritiene che i tempi non siano ancora maturi per farsi da parte. Si racconta che i rapporti si sarebbero incrinati di fronte a queste aspirazioni di Palermo, che ha 47 anni.

Adesso tutto è da ridiscutere, con esiti imprevedibili. Lo stallo in Cdp è stallo anche per la nomina del direttore generale del Mef.