Calcio, i buchi della Serie A e il primato (in Borsa) della Juventus

Juventus + 142 per cento. Lazio + 53,8 per cento. As Roma + 4,9 per cento. Secondo la Borsa, questa è la classifica delle squadre di serie A negli ultimi 12 mesi.

Nell’anno in cui ha conquistato il sesto scudetto consecutivo (e ha perso la seconda finale di Champions League in tre anni) la Juventus ha più che raddoppiato la quotazione di Borsa.  Il 17 agosto le azioni hanno chiuso a 0,693 euro, rispetto agli 0,2861 del 18 agosto 2016. Nello stesso periodo le azioni della Lazio sono salite da 0,473 a 0,7275 euro. Poco mosse quelle della Roma, in 12 mesi sono passate da 0,4511 a 0,4731 euro.

La sconfitta di domenica scorsa con la Lazio nella Supercoppa italiana, se ha rivelato crepe nel gioco della Juventus, non ha indebolito il valore delle azioni. Alla vigilia della partita con la Lazio, venerdì 11 agosto i titoli quotavano 0,687 euro, pertanto nelle quattro sedute successive hanno guadagnato lo 0,9 per cento.

In Borsa la Juventus vale 3,7 volte la Roma

La capitalizzazione di Borsa della Juventus, che si ottiene moltiplicando il numero delle azioni che compongono il capitale per il prezzo di un’azione, è pari a 699 milioni di euro. Così negli ultimi 12 mesi la società presieduta da Andrea Agnelli ha distaccato la Roma di James Pallotta (e delle banche, si potrebbe dire, visti i debiti elevati), che ha una capitalizzazione di Borsa di 189 milioni. Per la Borsa la Juventus vale 3,7 volte la Roma, che a sua volta vale 3,86 volte la Lazio. La distanza tra la Roma e la Juventus è superiore a quella tra la Magica e la Lazio, ultima tra le tre squadre italiane quotate. La capitalizzazione del club di Claudio Lotito è di appena 49 milioni.

In campo, nel campionato di Serie A che comincia domani, le cose potrebbero andare diversamente, come ha mostrato appunto la finale di Supercoppa persa dalla “ricca” Juventus contro la “povera” Lazio.

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Napoli in attivo con la plsuvalenza Higuain

Non ci sono altre squadre italiane quotate, pertanto una simulazione della classifica guardando alla Borsa non si può estendere agli altri club. Se potessimo farla, probabilmente troveremmo in ottima posizione il Napoli, che dopo due bilanci in rosso ha chiuso con un ampio profitto il bilancio al 30 giugno 2017, grazie alla plusvalenza per la cessione di Gonzalo Higuain alla Juventus. I conti del club di Aurelio De Laurentiis non sono ancora stati ufficializzati.

Un buon utile è previsto anche nel bilancio al 30 giugno scorso della Juventus, non ancora pubblicato, soprattutto grazie alla plusvalenza di 72 milioni per la vendita di Paul Pogba al Manchester United un anno fa.

Conti rovinosi per la Serie A

A parte questi acuti, i conti della Serie A sono rovinosi. Lo sfascio è stato documentato anche nell’ultimo ReportCalcio presentato il 30 maggio dalla PricewaterhouseCoopers (PwC), insieme all’Arel di Enrico Letta e al vertice della Figc. Poteri Deboli lo ha raccontato nell’articolo del 14 giugno 2017 (“Calcio, i rischi per i diritti tv sui conti della Serie A”). In apparenza il rapporto, che fa un bilancio unico della Serie A, un “bilancione” aggregato in cui mette insieme tutti i ricavi e tutti i costi, dice che nella stagione terminata il 30 giugno 2016 i conti sarebbero un po’ migliorati, benché rimangano in profondo rosso.

Il valore della produzione (in sostanza, i ricavi, il fatturato) aggregato è aumentato da 2.210 a 2.414 milioni (+9,2%). I ricavi da diritti media, i diritti tv, la voce più consistente, sono aumentati da 1.032 a 1.119 milioni (+8,5%). I ricavi da sponsor e attività commerciali sono aumentati da 361 a 415 milioni (+15%). I ricavi da stadio sono aumentati di solo 2 milioni a 224 milioni (+1%).

 

Pallone bucato. I conti della Serie A sono in profondo rosso, i debiti in aumento

Il “doping” delle plusvalenze sui ricavi

Nei ricavi totali lo studio di PwC include anche la plusvalenze da calciomercato, che sono aumentate da 332 a 376 milioni (+13%). In realtà è improprio considerare le plusvalenze come ricavi, se lo si fa è un po’ come doparle. Secondo i principi contabili internazionali è scorretto.

Infatti le grandi società che fanno studi internazionali, come Deloitte nella Football Money League (la classifica europea per fatturato) e Kpmg Football Benchmark nello studio sul valore d’impresa dei club, espongono i ricavi senza le plusvalenze da calciomercato. Queste vengono considerate come proventi straordinari. Peccato che molte squadre italiane dichiarino nei ricavi anche le plusvalenze, finora lo ha fatto anche la Juventus, come il Milan e l’Inter (ma non, per esempio, l’As Roma).

Pertanto i ricavi aggregati della Serie A, depurati dalla voce impropria delle plusvalenze, sarebbero solo 2.038 milioni nella stagione al 30 giugno 2016 (1.878 milioni nella precedente): i diritti tv incidono per il 55% sulle entrate. Il costo del lavoro è aumentato da 1.235,6 a 1.355,1 milioni e assorbe in media il 66,5% dei ricavi.

All’ultima riga del “bilancione” unico della Serie A c’è una perdita netta aggregata di 250 milioni. E’ la somma algebrica dei risultati di tutte le squadre, tra chi ha fatto utili (poche) e chi ha accumulato perdite (tante). Il ReportCalcio dice che la perdita si è ridotta rispetto ai 379 milioni della stagione precedente.

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La perdita reale della Serie A è di 626 milioni

Ma bisogna osservare che la perdita effettiva della Serie A è più alta di questa cifra. Questo perché le plusvalenze per il calciomercato, che ovviamente influiscono sul risultato finale, sono state realizzate prevalentemente con cessioni sul mercato italiano. Pertanto in un bilancio effettivo, se si facesse un consolidato eliminando le operazioni tra club italiani, le plusvalenze andrebbero quasi ad azzerarsi.

Di conseguenza la perdita netta aumenterebbe. Per semplificare, potremmo sommare le plusvalenze (376 milioni) alla perdita netta aggregata ufficiale (250 milioni), si otterrebbe così una perdita netta totale pari a 626 milioni per la Serie A. Facendo la stessa operazione nella stagione precedente, la perdita effettiva sarebbe stata di 711 milioni.

L’indebitamento complessivo è aumentato del 3,1%, “tornando oltre quota 3 miliardi”, sottolinea lo studio. Sono aumentati a oltre 800 milioni i debiti da calciomercato, i pagamenti in genere sono spalmati a rate in diversi anni, ma adesso ci sono ritardati pagamenti tra club.

I risultati peggiori nella stagione terminata il 30 giugno 2016 sono stati quelli dell’Ac Milan (-74,9 milioni nel bilancio consolidato al 31 dicembre 2016) e dell’Fc Internazionale (-59,6 milioni nel consolidato al 30 giugno 2016), poi il Bologna (-32,6 milioni). Tra i pochi in attivo la Juventus con 4,1 milioni. In rosso anche Roma (-14 milioni), Lazio (-12,6 milioni) e Napoli (-3,2 milioni).

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La partenza flop dell’asta sui diritti tv

Con l’inizio del campionato il calcio italiano di Serie A si ritrova con tutti i vecchi problemi, conti in profondo rosso e aumento dei debiti, più un grosso rischio. I diritti televisivi per il prossimo triennio (2018-2021) devono ancora essere venduti.

L’asta di giugno è stata un flop, sono stati offerti solo 500 milioni di euro all’anno, la metà dell’incasso attuale. La Lega di A si aspettava un incremento dei ricavi. Invece il rischio è che succeda il contrario. Il commissario della Lega e presidente Figc, Carlo Tavecchio, ha aggiornato l’asta all’autunno. Ma non è detto che le cose vadano meglio.

Se dovesse arrivare la stangata sui diritti tv e la Serie A dovesse incassare solo 500 milioni all’anno dalla vendita per il 2018-2021, i bilanci già fragili o rovinosi dei club andrebbero incontro a un salasso.

Se i club non fossero in grado di ridurre rapidamente i costi, la perdita potrebbe almeno raddoppiare o aumentare di 400-500 milioni. E la conseguenza sarebbe obbligata per molte squadre: dovrebbero portare i libri in tribunale.

Conti rovinosi per la Serie A

A parte questi acuti, i conti della Serie A sono rovinosi. Lo sfascio è stato documentato anche nell’ultimo ReportCalcio presentato il 30 maggio dalla PricewaterhouseCoopers (PwC), insieme all’Arel di Enrico Letta e al vertice della Figc. Poteri Deboli lo ha raccontato nell’articolo del 14 giugno 2017 (“Calcio, i rischi per i diritti tv sui conti della Serie A”). In apparenza il rapporto, che fa un bilancio unico della Serie A, un “bilancione” aggregato in cui mette insieme tutti i ricavi e tutti i costi, dice che nella stagione terminata il 30 giugno 2016 i conti sarebbero un po’ migliorati, benché rimangano in profondo rosso.

Il valore della produzione (in sostanza, i ricavi, il fatturato) aggregato è aumentato da 2.210 a 2.414 milioni (+9,2%). I ricavi da diritti media, i diritti tv, la voce più consistente, sono aumentati da 1.032 a 1.119 milioni (+8,5%). I ricavi da sponsor e attività commerciali sono aumentati da 361 a 415 milioni (+15%). I ricavi da stadio sono aumentati di solo 2 milioni a 224 milioni (+1%).

Finanziatore. Paul Elliott Singer ha finanziato con 303 milioni il Milan “cinese”

Club italiani i più tele-dipendenti in Europa

I club italiani sono i più tele-dipendenti in Europa. Ne deriverebbe quindi un forte peggioramento dei bilanci e, anche se forse non nell’immediato, una contrazione della capacità di spesa. Il risultato sarebbe un abbassamento del valore (o almeno del costo) delle rose dei calciatori. In pratica, tranne forse qualche eccezione, le squadre italiane diventerebbero ancora meno competitive nel confronto internazionale.

Il Milan e il fair play finanziario

In tutto questo, con conti fragili, c’è da chiedersi come abbia fatto il Milan “cinese” a potersi permettere una campagna acquisti faraonica senza violare le regole del fair play finanziario dell’Uefa e di quello, molto più blando, della Figc di Tavecchio. Un mistero che Poteri Deboli cercherà di scoprire nelle prossime settimane.