Leonardo, licenziato manager nello scandalo “cyber security”

C’è la sua firma sul contratto con il quale il primo dicembre 2015 l’allora Selex Es del gruppo Finmeccanica (oggi Leonardo) ha venduto al prezzo di 100.000 euro un ramo d’azienda nel settore telecomunicazioni (Ants), che quell’anno ha fatturato circa 4,6 milioni con un margine di contribuzione di due milioni. Compratore era la Ads (Assembly Data System), azienda di Pomezia che non godeva di buona salute ma aveva una buona carta da giocare: l’azionista e amministratore delegato Pietro Biscu e altri soci dell’epoca erano vicini a Matteo Renzi, allora presidente del Consiglio.

Licenziato Orlandini, capo degli acquisti

Stefano Orlandini, dirigente dell’ex Selex Es, poi assorbita da Finmeccanica-Leonardo, è la prima vittima dello scandalo che da oltre un mese ha sostanzialmente paralizzato l’attività della divisione per la sicurezza informatica dell’ex Finmeccanica, una delle sette aree in cui l’ex a.d. Mauro Moretti, nominato da Renzi nel 2014 e in carica fino a maggio 2017, ha diviso il gruppo industriale dell’aerospazio e difesa, a partire dal primo gennaio 2016.

L’ingegner Orlandini è stato licenziato alla fine della scorsa settimana. Le motivazioni non sono state rese note. Del resto la notizia, che è stata pubblicata stamattina dal Sole 24 Ore, non è stata ufficializzata dal gruppo guidato dall’a.d. Alessandro Profumo. Nato a Roma il 18 febbraio 1957, Orlandini era il capo degli acquisti della divisione Sistemi per la sicurezza e le informazioni, come viene chiamata la “cyber security”, con attività a Roma in via Laurentina, Genova e Chieti.

Al vertice. Alessandro Profumo

Biraghi sospeso

Il responsabile della divisione, Andrea Biraghi (nella foto in apertura), è sospeso da circa 40 giorni per un procedimento disciplinare che potrebbe portare al licenziamento: è accusato da un’indagine interna (audit) di gravi irregolarità, in particolare nei rapporti con i fornitori, gli acquisti e in altre operazioni considerate “opache” dal vertice del gruppo.

Biraghi si è difeso, con una memoria preparata con l’assistenza di un avvocato, sostenenedo di essere all’oscuro dei fatti contestati. In sostanza Biraghi ha scaricato le responsabilità sui collaboratori.

L’indagine alle dipendenze di De Gennaro

E allora l’indagine formale condotta da Leonardo _ l’audit dipende dal presidente, l’ex capo della polizia e dei servizi segreti, Gianni De Gennaro _ si è estesa alle prime linee, almeno 4-5 stretti collaboratori di Biraghi, il quale rimane comunque l’accusato numero uno ed è fuori dall’azienda, anche se formalmente, come si può leggere sul sito di Leonardo, risulta sempre il capo della divisione “cyber”.

Orlandini è stato licenziato in seguito a queste contestazioni anche se, ripetiamo, non sappiamo quali siano le motivazioni né gli elementi che il manager ha portato a sua difesa e quindi non esprimiamo alcun giudizio sulla vicenda, ci limitiamo a riportare i fatti. La procedura disciplinare interna al gruppo Leonardo prosegue, ci sono altri manager sotto accusa, oltre al capo della divisione. La “cyber security” in pratica è senza una guida e i principali manager si stanno occupando più della difesa dalle accuse che della gestione dell’azienda.

Presidente. Gianni De Gennaro

Il padre ammiraglio

Biraghi è un uomo potente. Nato a Milano nel 1971, ingegnere, è figlio dell’ammiraglio di squadra Sergio Biraghi, un militare che ha fatto un balzo di carriera quando Carlo Azeglio Ciampi è diventato presidente della Repubblica: è stato suo consigliere militare al Quirinale dal 22 maggio 1999 al febbraio 2004, poi per due anni capo di Stato maggiore della Marina. In seguito è entrato nel gruppo Fincantieri come presidente della controllata per il NordAmerica, Fincantieri Usa.

Le nomine e i rapporti con Carrai

Nel marzo 2017, quando il governo Gentiloni cercava un successore per Moretti alla guida di Finmeccanica, Biraghi aveva cercato di inserirsi nella lotta per il vertice. Poi ha ripiegato sulla poltrona di direttore generale, che il governo non ha assegnato a Profumo (a differenza dei precedenti a.d. del gruppo, che avevano il doppio incarico, come lo hanno nell’orbita pubblica i capi di Enel, Eni, Poste, Terna), ma neppure è stata assegnata ad altri. Biraghi era entrato in rapporti anche con Marco Carrai, l’imprenditore amico di Renzi che ha forti interessi nella cyber security, soprattutto in Israele.

Amici. Marco Carrai e la moglie di Matteo Renzi

La competizione con Mariani

Nella battaglia per le nomine Biraghi era entrato in competizione con un altro manager in vista dell’ex Selex Es, Lorenzo Mariani, allora responsabile della divisione di elettronica per la difesa detta “land and naval”. Mariani è stato poi scelto da Profumo come direttore commerciale del gruppo, una sorta di numero due di Profumo per il business.

Mariani però non è direttore generale, ma Chief commercial officer, incaricato di rilanciare l’acquisizione di commesse dopo la contrazione degli ordini nel periodo morettiano (fa eccezione il maxi-contratto Eurofighter in Kuwait firmato nell’aprile 2016, che però è frutto di un lavoro di molti anni e di altri manager con i governi e capi dell’Aeronautica militare che si sono succeduti, in particolare Giuseppe Giordo, ex a.d. di Alenia, che Moretti ha estromesso dal gruppo nel marzo 2015).

Dossier alla Guardia di finanza

Sullo sfondo di quanto sta accadendo nell’ex Finmeccanica ci sono dunque anche contrasti di potere, come avviene in tante grandi aziende. Ma i fatti contestati a Biraghi e alla sua squadra sono concreti, pur essendo coperti da riservatezza. Secondo indiscrezioni, ci sarebbe un fascicolo anche alla Guardia di finanza con il risultato di indagini e verifiche che “tracciano” le mosse e le operazioni di Biraghi, anche durante i viaggi a Tel Aviv. Israele è un centro mondiale della “cyber security”. Non ci sono conferme ufficiali, ma questo sarebbe il segno che la magistratura è attenta all’evoluzione della vicenda.

Ammiraglio. Sergio Biraghi

Una vendita controversa

Abbiamo citato la vendita del ramo d’azienda Ants come un’operazione controversa, compiuta durante la gestione Moretti e da questi autorizzata, insieme a Biraghi, che fu promosso a capo della divisione “cyber security” proprio da Moretti, negli ultimi mesi del 2015 (mentre l’a.d. di Selex Es era Fabrizio Giulianini, uscito dal gruppo poche settimane dopo l’arrivo di Profumo). Non sappiamo se questa vicenda sia tra i casi contestati a Orlandini.

E’ comunque tra le operazioni che sono indicate in dettagliate lettere di segnalazione di presunte anomalie sull’operato di Biraghi e della sua squadra “di via Laurentina” partite dall’interno del gruppo e destinate all’a.d. Profumo, al presidente De Gennaro, ai consiglieri di amministrazione e ad altri, anche esterni.

Di fatto, però, la vendita di Ants è stata la cessione di un’attività ad elevata tecnologia e elevata redditività ad un prezzo molto basso e ad un gruppo che non godeva di buona salute e non aveva elevati requisiti tecnologici, Ads era un impiantista-installatore.

Amici. Pietro Biscu con Matteo Renzi

La precisazione degli avvocati di Ads

Registriamo che gli avvocati di Ads in una lettera al Sole 24 Ore hanno sostenuto che “l’acquisizione del ramo d’azienda Ants da parte della Ads di Pomezia è avvenuta (…) in modo assolutamente legittimo, chiaro e trasparente e che il costo dell’operazione per Ads è stato superiore ai due milioni di euro” (lettera pubblicata il 2 giugno 2018).

Il contratto

Facciamo notare che il contratto definitivo di cessione del ramo Ants, firmato il primo dicembre 2015 davanti al notaio Gianluca Anderlini di Roma da Stefano Orlandini (“procuratore speciale” di Selex Es Spa) e Pietro Biscu (a.d. di Ads Spa), dice espressamente (art. 3): “Il prezzo della presente cessione viene dalle parti convenuto ed accettato in euro 100.000 costituito dal solo avviamento”. Poteri Deboli ha visionato il testo integrale del contratto.

Respinta un’offerta più alta

Dopo la firma dell’accordo preliminare di cessione di Ants ad Ads (5 novembre 2015) e prima della firma del contratto definitivo di vendita (che è del primo dicembre 2015), un dirigente del gruppo Finmeccanica aveva inviato una lettera al vertice del gruppo offrendo un prezzo più alto, 700.000 euro per lo stesso ramo d’azienda, contro i 100.000 offerti da Ads. Ma Biraghi aveva rigettato la proposta senza nemmeno esaminarla, con una lettera del 19 novembre 2015: “Abbiamo già sottoscritto accordi vincolanti per la cessione delle suddette attività”.

In realtà il preliminare, che Poteri Deboli ha visionato, non conteneva penali (al massimo un indennizzo di 100.000 euro).

La visita di Renzi a Pomezia

Il 2 marzo 2016, tre mesi dopo il perfezionamento dell’acquisto di Ants, l’allora premier Matteo Renzi è andato a Pomezia a visitare e lodare la Ads. Le foto ritraggono Renzi sorridente con Biscu e con Chicco Testa, che all’epoca era vicepresidente di Ads e socio con il 5% attraverso i due figli, poi uscito dall’zienda. Biscu era in trattative per far entrare in Ads un altro socio, l’immobiliarista Luigi Dagostino, ex socio dei genitori di Renzi, detto “il re degli outlet”: Dagostino è stato arrestato il 13 giugno scorso (ai domiciliari) in un’inchiesta per false fatture.

C’è molto altro però da raccontare. La vicenda della cessione di Ants e le successive vicissitudini di Ads e Biscu sarà oggetto del prossimo articolo di Poteri Deboli.