Rosneft e gli affari misteriosi di Intesa Sanpaolo con Putin

Dove sono finiti i 5,2 miliardi prestati dalla banca?

Aleggia il mistero negli affari tra Intesa Sanpaolo e la Russia. I rapporti tra la banca che ha le maggiori dimensioni in Italia e il presidente russo Vladimir Putin si sono rafforzati negli ultimi mesi. Questo nonostante le sanzioni economiche imposte dagli Stati Uniti contro Mosca dopo l’annessione della Crimea e la sanguinosa invasione in Ucraina nel 2014.

L’accordo annunciato ieri dal gruppo cinese Cefc per acquistare il 14,16% di Rosnfet, colosso petrolifero russo guidato da un amico di Putin, Igor Sechin, riporta l’attenzione sul maxi-finanziamento che la banca italiana ha concesso all’inizio di quest’anno per aiutare il governo russo a vendere una quota di Rosneft. Operazione dai contorni ancora misteriosi.

Il maxi-prestito a Qatar e Glencore

In gennaio un consorzio formato dal Qatar e da Glencore, colosso anglosvizzero di trading minerario, ha comprato dal governo russo il 19,5% di Rosneft, per circa 10,2 miliardi di euro. I due compratori hanno costituito per questo una joint venture con sede a Singapore, Qhg.

La banca italiana è stata il consulente (advisor) di Putin per la cessione. Ma il suo ruolo è stato ben più ampio. Intesa Sanpaolo ha anche finanziato l’acquisto con un prestito di 5,2 miliardi di euro a favore di Qatar e Glencore, cioè ha coperto un po’ più di metà del costo del pacchetto azionario. Pertanto la banca ha avuto un ruolo decisivo nella riuscita della privatizzazione, che ha aiutato Putin a tappare i buchi del bilancio russo. Di questo Poteri Deboli ha parlato in un articolo del 25 giugno 2017 (“Banca Intesa, quanto ci costi”).

Londra accusa: “accordo opaco”

“Un accordo opaco” lo ha definito la stampa britannica, raccogliendo le perplessità di ambienti finanziari e analisti. Soprattutto Reuters e Financial Times hanno sollevato domande alle quali non è stata data risposta, neppure dalla banca guidata da Carlo Messina.

La domanda principale è chi siano i destinatari finali delle azioni comprate da Qatar e Glencore in una società petrolifera di cui il governo di Mosca mantiene il controllo con il 51 per cento.

Soci alle Cayman

Secondo Reuters, benché la joint venture Qhg abbia sede a Singapore, alcuni azionisti avrebbero sede alle isole Cayman, un paradiso fiscale, pertanto la loro vera identità sarebbe schermata.

Il secondo azionista di Rosneft è il gruppo petrolifero britannico Bp, con il 19,75%, poco più della partecipazione ceduta a Qatar-Glencore con l’aiuto di Intesa. Questo potrebbe spiegare l’allarme della stampa britannica. Rosneft è quotata in Borsa. In base al prezzo attuale di Borsa il valore dell’intero capitale (la capitalizzazione di Borsa) è pari a 57 miliardi di dollari.

 
Grandi affari nel petrolio e nel gas. Il presidente russo Vladimir Putin

I cinesi pagheranno 9,1 miliardi di dollari

Ieri Reuters è tornata a parlare di “accordo opaco”. Secondo l’annuncioi, il gruppo dell’energia privato cinese Cefc (China Energy Corporation) comprerà il 14,16% di Rosneft dalla joint venture tra Qatar e Glencore. China Energy pagherà 9,1 miliardi di dollari per il 14,16% di Rosneft. Ai venditori resterà pertanto poco più del 5,2% del colosso petrolifero russo, diviso tra il 4,7% del Qatar (che agisce con il fondo sovrano Qatar Investment Authority, Qia) e lo 0,5% di Glencore.

Alla luce dell’ultimo annuncio, si può ipotizzare che fosse già previsto dall’inizio il passaggio della quota in mano cinese? Se così fosse, perché non dirlo subito? O ci sono altri risvolti segreti? In ogni caso resta una fetta di Rosneft del 5,2% ancora in mano a Qatar e Glencore, che potrebbe essere ricollocata successivamente presso nuovi proprietari. Il giornale russo Vedomosti ha parlato anche del possibile ingresso di un secondo gruppo cinese, Nnk, che non ha fatto commenti.

Le onorificenze di Putin ai vertici di Intesa

Quello che è certo è che l’operazione perfezionata tra dicembre e gennaio scorsi ha dato una bella mano a Putin. Il presidente della Federazione Russa ha ricevuto al Cremlino il 25 gennaio  i vertici di Intesa Sanpaolo, ringraziandoli per l’aiuto prezioso e in aprile li ha premiati con alte onorificenze. Il responsabile della banca a Mosca, Antonio Fallico, un manager potente che per la sua attività è a conoscenza di molti segreti, ha ricevuto da Putin l’Ordine dell’Onore. L’a.d. di Intesa Calo Messina e il presidente della controllata Banca Imi, Gaetano Miccichè, hanno ricevuto l’Ordine dell’Amicizia.
Nuove sanzioni degli Usa
Per i russi l’operazione con la Cina segna un rafforzamento dei rapporti nell’energia, ai quali potrebbero seguire altri accordi strategici nell’energia. Gazprom sta costruendo un gasdotto di 4.000 km con la Cina.
In luglio gli Stati Uniti hanno inasprito le sanzioni alla Russia. In parte è una risposta alle conclusioni dei servizi segreti americani che la Russia si sia intromessa nelle elezioni presidenziali. Ieri il presidente di Rosneft, Sechin, ha detto che Qia e Glencore hanno ridotto la loro quota a causa dell’indebolimento del dollaro rispetto all’euro, che ha reso più costoso il pagamento degli interessi sul debito contratto per l’acquisizione.
Al Cremlino. L’incontro tra il presidente Vladimir Putin e i vertici di Intesa Sanpaolo, al centro l’a.d. Carlo Messina
Il tentativo di spalmare il rischio su altre banche
Le sanzioni hanno avuto un impatto anche su Intesa. Infatti la banca italiana non è riuscita a sindacare, cioè a suddividere con altre banche il rischio sul finanziamento di 5,2 miliardi di euro concesso in gennaio ai compratori del 19,5% di Rosneft. Il 2 giugno a San Pietroburgo il presidente di Banca Imi, Miccichè, aveva detto _ come riferito dall’Ansa _ che il processo di sindacazione del prestito da 5,2 miliardi concesso da Intesa Sanpaolo al consorzio Qia-Glencore per l’acquisizione del 19,5% di Rosneft “è iniziato” e l’obiettivo era distribuire i prestiti “entro luglio”.
Miccichè aveva precisato che “c’è molto interesse”. Le banche selezionate erano 15, tra cui istituti “americani, francesi, cinesi e di altri paesi Ue”. Assenti le banche russe. La sindacazione interessa il 50% del prestito complessivo. Ma l’operazione non è mai stata conclusa. Il 26 agosto Il Sole 24 Ore ha scritto, riportando notizie dell’agenzia Reuters, che la sindacazione era in sospeso, per il timore delle banche di un impatto negativo dell’ultimo giro di vite imposto da Washington con le sanzioni contro la Russia.

Dove sono finiti i soldi di Intesa?

Visti i misteri sull’operazione, la domanda, implicita, riguardante Intesa è: dove sono finiti i soldi del prestito di 5,2 miliardi? La banca guidata da Messina non lo ha mai spiegato. A fine febbraio a Sochi il responsabile della banca a Mosca, Fallico, ha definito i 5,2 miliardi “spiccioli”.
Nei comunicati ufficiali di Intesa non abbiamo trovato cenno al maxi-finanziamento, neppure nella relazione sui conti del primo semestre 2017 ci sono riferimenti. Ieri un portavoce di Intesa Sanpaolo, come riporta anche Il Sole 24 Ore, ha detto: «A seguito della cessione al Fondo Cefc del 14,16% della quota di Rosneft, da parte del consorzio formato da Qia e Glencore, il finanziamento rilasciato da Intesa Sanpaolo al consorzio – pari a 5,2 miliardi di euro – sarà interamente rimborsato». Quando questo avverrà non lo sappaimo. La dichiarazione non chiarisce esattamente cosa sia avvenuto.
Passerà ancora tempo prima che l’operazione annunciata ieri venga perfezionata. Settimane? Forse mesi. Nel frattempo, potrebbero esserci altre sorprese.