Leonardo, il caso Giulianini e l’elastico di Formosa

Proseguono, con qualche imprevisto, le scosse di assestamento nel pianeta ex Finmeccanica, ora Leonardo, dopo i tre anni di dominio di Mauro Moretti. Un piccolo caso si è creato in seguito alle dimissioni di Fabrizio Giulianini, uno dei manager più esperti del settore difesa.

Ufficializzate subito dopo la nomina del nuovo amministratore delegato, Alessandro Profumo, avvenuta il 16 maggio, le dimissioni sarebbero dovute scattare dal primo giugno. In realtà, Giulianini non è ancora uscito da Leonardo, secondo quanto scoperto da Poteri Deboli. Il dirigente rimarrà fino al 15 giugno al suo posto di capo del settore elettronica, difesa e sistemi di sicurezza. Ovviamente con stipendio pieno, anche se con un impegno notevolmente attenuato rispetto al giorno in cui è arrivato Profumo.

Dimissioni differite

Cosa è successo? Non si tratta di dimissioni con l’elastico. Secondo alcune fonti a Giulianini sarebbe stato chiesto di rimanere per 15 giorni in più perché ci sono ancora atti da firmare. E, in sua assenza, si sarebbe dovuto riunire il consiglio di amministrazio di Leonardo per attribuire le deleghe a un altro dirigente. Il settore che fa capo al manager dimissionario vale poco meno di metà dei 12 miliardi di euro di fatturato del gruppo. In quest’area è compresa la controllata americana Drs Technologies, sebbene questa sia blindata e abbia una gestione totalmente autonoma ed è in corso l’acquisizione di una società americana più piccola, la Daylight Solutions.

Un’altra fonte ci ha riferito che Giulianini è stato mantenuto in servizio oltre il previsto, fino al 15 giugno, per la necessità di seguire la procedura formale per le dimissioni del dirigente, con la firma degli accordi di uscita e della liquidazione davanti all’Unione industriali. Non è stato possibile contattare l’interessato.

Il successore non è ancora stato individuato. Profumo sta facendo le sue valutazioni con prudenza e grande riserbo, per evitare le trappole sul percorso. Nel primo discorso davanti ai dirigenti l’ex banchiere ha sottolineato il concetto di squadra e ha parlato di Leonardo come di un grande gruppo. Parole piaciute a molti. Certo si tratta di espressioni distanti da quelle usate da Moretti, il quale ha sostenuto più volte, dall’inizio alla fine del suo mandato, che al suo arrivo dalle Ferrovie l’ex Finmeccanica “era un gruppo sputtanato”.

L’ex a.d. di Selex Es (la SuperSelex), di Selex Galileo e di Mbda Italia durante la campagna nomine era emerso come un probabile candidato alla carica di numero uno del gruppo. Ben visto anche da ambienti del Quirinale, Giulianini piaceva agli ambienti militari e al ministro della Difesa, Roberta Pinotti, era stato ricevuto anche dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. Solo al fotofinish Giulianini è stato superato da Profumo, un nome molto autorevole, ma che ha sorpreso tutti (anche lo stesso interessato) perché pur avendo un curriculum di alto profilo nel settore bancario a livello internazionale, Profumo non si è mai occupato di industria né del settore della difesa, aeronautica, elicotteri e spazio. E’ stato nel consiglio di amministrazione dell’Eni.

Le accuse della procura di Milano per i derivati e il bilancio Mps

Profumo ha al suo attivo una lunga stagione alla guida di Unicredit che, attraverso acquisizioni in Germania, Austria, Polonia e la fusione con Capitalia, in 14 anni ha portato a una crescita della quota di mercato in Europa dallo 0,3% a più del 3%; poi c’è stato un triennio meno felice come presidente di Banca Mps, che ha lasciato anche strascichi giudiziari la cui evoluzione potrebbe essere imprevedibile.

Il 15 maggio c’è stata la richiesta della Procura di Milano di rinvio a giudizio per falso in bilancio di Profumo insieme all’ex a.d. della banca di Siena, Fabrizio Viola. L’accusa riguarda il modo in cui Profumo e Viola hanno contabilizzato nei bilanci della loro gestione i contratti derivati accesi dai predecessori _ Giuseppe Mussari e Antonio Vigni _ che hanno inflitto pesanti perdite alla banca tradizionalmente nell’area di influenza del Pd.

Nella vicenda ha avuto un ruolo importante un piccolo azionista di Mps che opera da Londra, Giuseppe Bivona, con esposti alla Consob e alla Procura, lettere alla Ue e al ministro Padoan. Socio della londinese Bluebell, Bivona ha anche cercato di bloccare la nomina di Profumo a Leonardo ritenendo che fossero violati i criteri della “direttiva Saccomanni” del ministero dell’Economia, modificata in extremis da Padoan.

Le mosse di Bivona

Il succo delle contestazioni di Bivona è che la contabilizzazione dei derivati a “saldi aperti”, come se fossero investimenti in titoli di Stato (Btp), avrebbe attenuato le perdite e preservato il patrimonio di Mps prima di fare importanti ricapitalizzazioni e la sottoscrizione dei Monti bond. Invece _ secondo Bivona _ i derivati dovevano essere contabilizzati “a saldi chiusi”, cioè come perdite: questo avrebbe azzerato il patrimonio netto di Mps e l’intera partecipazione del principale azionista dell’epoca, la Fondazione Mps, legata al Pd. In sostanza, secondo le accuse di Bivona, la politica di bilancio seguita da Profumo e Viola, ai quali ovviamente nulla viene imputato della disastrosa gestione di Mussari e Vigni e dei derivati Alexandria e Santorini, avrebbe evitato l’azzeramento di tutto il patrimonio netto di Mps e questo avrebbe favorito la Fondazione Mps, legata al Pd. Non è superfluo ricordare che Profumo e Viola respingono ogni accusa e sono in corso cause incrociate contro Bivona.

Il nuovo amministratore delegato di Leonardo, Alessandro Profumo

Profumo irritato per le segnalazioni

Giulianini ha incontrato Profumo e si è fatto da parte, per tutelare la sua dignità e professionalità, quando ha capito che il banchiere non lo avrebbe nominato direttore generale di Leonardo. Il nuovo a.d. del gruppo avrebbe espresso irritazione per le ripetute indicazioni che gli sarebbero giunte perché assegnasse un ruolo chiave a Giulianini. Profumo rivendica autonomia nella scelta della squadra che deve formare e ha già detto che, essendo stato scelto dal premier Paolo Gentiloni, si sente tranquillo nel ruolo, non ha intenzione di nominare un direttore generale e può gestire molti riporti diretti. Giulianini avrebbe già proposte di lavoro dal mondo dell’aerospazio e difesa a livello internazionale. Il suo accordo di uscita prevede un patto di non concorenza per un anno.

Il ruolo di Soccodato

Per la scelta del successore non ci sono ancora indicazioni. Qualche voce, nelle scorse settimane, aveva indicato il nome di Giovanni Soccodato, direttore delle strategie di Leonardo, ma non ha avuto seguito. Del resto il ruolo di Soccodato appare più importante di quello di un caposettore che, nella riorganizzazione del gruppo con la “One company” voluta da Moretti, non attribuisce ai capisettore una presa diretta sulla gestione delle divisioni sottostanti.

Leonardo è organizzata in sette divisioni operative al posto delle vecchie società, ricomprese in quattro settori. Giulianini in apparenza aveva sotto di sé quattro divisioni, ma non aveva poteri sui responsabili delle divisioni. Infatti in base agli ordini di servizio firmati da Moretti i capi delle sette divisioni non dovevano riportare al caposettore per la gestione del business; tutti riportavano direttamente all’a.d. del gruppo, cioè lo stesso Moretti.

I capi divisione Mariani e Biraghi

In particolare i capi divisione più importanti dell’area elettronica, difesa e sistemi di sicurezza, cioè Lorenzo Mariani e Andrea Biraghi (figlio dell’ammiraglio Sergio Biraghi, ex capo di Stato maggiore della Marina), scavalcavano Giulianini e dialogavano direttamente con Moretti. Un aspetto che Giulianini aveva rimarcato di non gradire, ma che aveva dovuto accettare. Nel gruppo c’è chi fa notare che con la sudidvisione della Selex Es in quattro divisioni si è ricreata la divisione in diverse aziende che a volte si fanno concorrenza, cioè la situazione precedente alla faticosa unificazione del settore perseguita con la nascita della SuperSelex.

Mauro Moretti, ex amministratore delegato di Leonardo e di Ferrovie dello Stato

Zero rapporti tra Facondo e Bagnato

Questa curiosa articolazione dei poteri, secondo autorevoli ricostruzioni, sarebbe stata creata da Moretti per risolvere un problema nei rapporti tra i responsabili delle due divisioni dell’aeronautica, Alessio Facondo e Filippo Bagnato. Quest’ultimo è il dirigente che Moretti aveva richiamato dalla pensione, a fine marzo 2015, per sostituire Giuseppe Giordo come amministratore delegato dell’Alenia e poi capo del settore aeronautica.

Nel frattempo Moretti aveva affidato la responsabilità per gli stabilimenti delle aerostrutture a Facondo, un ex dirigente degli elicotteri fedele all’ex a.d. Giuseppe Orsi. Nei giochi di specchi che caratterizzano il gruppo, Orsi aveva messo Facondo sotto Giulianini quando era stata creata la SuperSelex, un modo per controllare Giulianini. Si racconta che Facondo non volesse avere alcun rapporto con Bagnato e che dicesse a tutti che il suo superiore era solo Moretti, usando anche termini molto duri.

Quando il primo gennaio 2016 è partita la One Company e l’Alenia è stata assorbita nella capogruppo, le attività dell’aeronautica sono state divise in due parti. Bagnato è stato nominato responsabile della divisione velivoli (detta “Alenia Nord”), Facondo capo della divisione aerostrutture (“Alenia Sud”). Bagnato è stato nominato anche capo del settore aeronautica, ma non ha alcun ruolo sulla divisione guidata da Facondo, in pratica i due non si parlano. E questo non è ottimale per l’efficienza industriale del gruppo, perché le due aree dell’aeronautica non sono due mondi così distanti. Chissà se queste storie sono state raccontate a Profumo.

Dalla Farnesina con l’elastico

Intanto Profumo, dopo aver nominato suo assistente o, a detta di alcuni, “chief of staff” Marco Zoff, il dirigente capo degli acquisti della divisione velivoli, figlio dell’ex portiere della Juventus e della nazionale Dino Zoff, ha scelto un diplomatico per rafforzare le relazioni internazionali, indebolite durante la gestione Moretti.

Come anticipato da Dagospia il 7 giugno, la scelta è caduta su Carlo Formosa, un diplomatico con specializzazione commerciale, nato a Roma il 28 marzo 1963, laureato in Scienze politiche alla Luiss. Il 9 giugno il Consiglio dei ministri ha deliberato, su proposta del ministro degli Esteri Angelino Alfano, il “collocamento fuori ruolo del ministro plenipotenziario Carlo Formosa presso Leonardo Spa, a decorrere dalla data di effettiva assunzione delle funzioni e per tutta la durata dell’incarico”, dice il comunicato di Palazzo Chigi. Alla Farnesina Formosa è direttore centrale per l’internazionalizzazione del sistema paese e delle autonomie territoriali.

Una nomina con  l’elastico, insomma. Formosa viene assunto da Leonardo, ma il posto alla Farnesina è salvo. Un paracadute che, visti i ribaltoni frequenti nell’ex Finmeccanica, può sempre rivelarsi provvidenziale. Nel febbraio 2014 l’allora a.d. Alessandro Pansa assunse come consigliere diplomatico Luigi Vignali,  collocato nella direzione relazioni esterne, all’epoca guidata da Marco Forlani.

Il 15 maggio 2014 arrivò Moretti al posto di Pansa. Fu uno tsunami. Nel gennaio 2015 Vignali, un diplomatico apprezzato, non condividendo i modi del “ferroviere” Moretti né la collocazione alle dipendenze di alcuni suoi collaboratori provenienti dalle Ferrovie, fece le valigie e tornò alla Farnesina.

L’incarico preciso del “ministro plenipotenziario” Formosa in Leonardo non è ancora stato ufficializzato. Ma, se dovesse andargli male, la strada per la ritirata è già disegnata.