Eni, lo stipendio di Descalzi

Claudio Descalzi ha almeno cinque milioni e 700mila ragioni per tenerci ad essere confermato amministratore delegato dell’Eni. E’ lo stipendio che ha ricevuto l’anno scorso (in euro, al lordo delle tasse) e che potrà continuare a ricevere nei prossimi tre anni. Il manager milanese è riuscito a ottenere la conferma dal governo Pd-M5S dopo un duro braccio di ferro con il M5S che lo voleva sostituire (o almeno così diceva, poi ha ottenuto altre poltrone) per le sue vicende giudiziarie.

Vicende giudiziarie

Descalzi è sotto processo a Milano per l’accusa di corruzione internazionale (per una presunta tangente di un miliardo e 92 milioni di dollari che l’Eni avrebbe versato a intermediari in Nigeria nel 2011 per la concessione petrolifera Opl 245) ed è indagato (non a processo) per una vicenda di sospetto conflitto d’interessi per affari della moglie in Congo, dove Descalzi ha lavorato per l’Eni (appalti per l’affitto di navi e servizi logistici per circa 300 milioni di dollari assegnati dall’Eni a società che fino all’8 aprile 2014 erano riconducibili alla moglie di Descalzi, la congolese Maria Magdalena Ingoba, detta Madò).

Ex numero uno. Paolo Scaroni

Scaroni e Bisignani

Descalzi si è sempre dichiarato estraneo alla vicenda nigeriana (per la quale sono stati rinviati a giudizio anche l’ex a.d. dell’Eni Paolo Scaroni e il faccendiere Luigi Bisignani) e ha affermato di non aver saputo nulla degli affari della moglie in Congo e di non aver deciso gli appalti. Sarà la magistratura a dover chiarire questi episodi. Certo i tempi delle indagini e del processo sono lunghi, in linea con  il passo da lumaca della giustizia italiana.

L’assemblea per le nomine

Intanto Descalzi, che ha compiuto 65 anni, ha ottenuto la seconda conferma al vertice dell’Eni che guida dal maggio 2014. Il 13 maggio, cioè domani, l’assemblea dell’Eni eleggerà il nuovo consiglio di amministrazione per i prossimi tre anni e Descalzi è nei sei canddiati della lista del ministero dell’Economia, designato come amministratore delegato.

Lady Eni. Maria Magdalena Ingoba

Com’è fatta la busta paga di Descalzi

L’Eni è la più importante società italiana. Vediamo com’è lo stipendio di Descalzi nel 2019. La relazione sulla remunerazione spiega che l’a.d. e direttore generale (la carica è doppia) ha ricevuto uno stipendio fisso di 1,6 milioni , più un bonus di 4,071 milioni. Il bonus è composto da tre voci: (a) la quota annuale erogata dell’incentivo di breve termine pari a 1,981 milioni; (b) l’incentivo monetario differito attribuito nel 2016 ed erogato nel 2019 per un importo di 1,469 milioni “in relazione alle performance coseguite nel periodo di vesting 2016-2018″ (cioè il periodo di maturazione)”; (c) l’incentivo monetario di lungo termine di 621mila euro attribuito nel 2016 ed erogato nel 2019 “in relazione alle performance coseguite nel periodo di vesting 2016-2018”. A questo si aggiungono 20.800 euro di indennità per le trasferte. In totale l’anno scorso Descalzi ha ricevuto 5 milioni e 691.800 euro, al lordo di tasse e contributi sociali, che in pratica dimezzano lo stipendio netto.

Il più pagato tra i manager pubblici

Con questa somma l’a.d. dell’Eni è il 25mo manager più pagato tra le società quotate italiane. La sua retribuzione complessiva è diminuita di 244.500 euro rispetto al 2018, quando aveva percepito 5.936.300 euro lordi, perché il bonus è diminuito (da 4,316 milioni a 4,071 milioni). Nella classifica “pay watch” del 2019 Descalzi precede immediatamente l’a.d. dell’Enel, Francesco Starace, che ha ricevuto 5,03 milioni lordi (di cui 3,4 milioni di bonus).

Presidente. Emma Marcegaglia

Lo stipendio di Marcegaglia

Gli altri compensi del cda uscente dell’Eni vedono al secondo posto la presidente, Emma Marcegaglia, con 500mila euro lordi nel 2019. Marcegaglia ha depositato per l’assemblea un lungo discorso in cui parla anche delle vicende giudiziarie di Descalzi e dice che le indagini interne affidate dall’Eni a studi legali estermi non hanno portato a individuare elementi a carico dell’amministratore delegato. In pratica il vertice dell’Eni si autoassolve.

Il presunto depistaggio

Ricordiamo che c’è anche un’inchiesta giudiziaria per il sospetto di depistaggio delle indagini della magistratura sulla presunta corruzione in Nigeria, che sarebbe stato attuato con ricorso ad avvocati esterni. Nel 2019 l’Eni ha licenziato l’ex capo dell’ufficio legale, Massimo Mantovani, indagato per il presunto “complotto” per depistare le indagini.

Calvosa si dimette dal cda del Fatto

Marcegaglia dopo sei anni verrà sostituita alla presidenza Eni da Lucia Calvosa (professoressa di diritto all’università di Pisa), indicata dal M5S. Calvosa è nel cda di Banca Carige, di Cdp Venture Capital e dal 2014 è nel cda di Seif, la società editrice del Fatto quotidiano. Alla vigilia dell’assemblea dell’Eni per la nomina si è saputo che la prof. Calvosa si è dimessa dal cda del Fatto “il 4 maggio”, secondo quanto ha reso noto l’Eni nelle risposte, pubblicate sul sito l’11 maggio, alle domande fatte dagli azionisti prima dell’assemblea. Anche la Seif l’11 maggio ha comunicato le dimissioni della prof. Calvosa, “stante la sua designazione, da parte del Mef, alla carica di presidente del consiglio di amministrazione di Eni Spa (la cui assemblea è prevista in data 13 maggio 2020)”. “A nome del consiglio di amministrazione e della società – è il commento del presidente e a.d. di Seif Cinzia Monteverdi – ringrazio molto Lucia Calvosa per essere stata con noi in anni importanti di crescita; non dimenticheremo il suo prezioso contributo”.

Scelta dal M5S. Lucia Calvosa

I compensi del cda

Ecco i compensi ricevuti dagli altri sette consiglieri di amministrazione dell’Eni: Andrea Gemma, presidente del comitato remunerazioni, 146mila euro, Pietro Angelo Guindani, 165mila, Karina Litvack 165mila, Alessandro Lorenzi 190mila, Diva Moriani 205mila, Fabrizio Pagani 195mila, Domenico Livio Trombone 145mila.

Nel collegio sindacale Seracini il più pagato

Nel collegio sindacale la presidente Rosalba Casiraghi ha ricevuto 80mila euro. Il sindaco più pagato è il fiorentino Marco Seracini, entrato la prima volta con il governo Renzi nel 2014 e designato per la conferma per altri tre anni, con 197mila euro, in quanto ha cariche anche in altre cinque società del gruppo. Paola Camagni ha percepito 182mila euro, comprese le cariche in altre quattro società del gruppo. Enrico Bignami e Andrea Parolini hanno ricevuto 70mila euro ciascuno.

A 23 alti dirigenti in media un milione ciascuno

Infine ci sono altri 23 dirigenti con responsabilità strategiche, cioè “dirigenti che nel corso dell’esercizio e insieme all’a.d. _ spiega la relazione sulla remunerazione _ sono stati componenti permanenti del Comitato di direzione della società o sono stati primi riporti gerarchici dell’a.d”. La relazione non fa i nomi e indica gli stipendi solo nell’aggregato: in totale questi alti dirigenti hanno ricevuto 23,485 milioni lordi (9,65 milioni di stipendio fisso, 13,588 milioni di bonus, 160.600 indennità di trasferta), in media un milione lordo ciascuno, ma ci sono differenze nelle posizioni individuali. Inoltre ad alcuni dirigenti di questo gruppo sono stati versati incentivi all’esodo e tfr per 4,126 milioni.

La precisazione dell’Eni

Riceviamo e pubblichiamo questa lettera dell’Eni.

“Gentile Dottor Dragoni,

pur non commentando l’elaborazione giornalistica, in merito all’articolo da lei pubblicato sul suo blog, dal titolo “Eni, lo stipendio di Descalzi”, teniamo a precisare che non vi è alcun “processo” in corso in merito al potenziale conflitto di interesse da lei citato (e come affermato nell’articolo).

L’ipotesi attualmente al vaglio delle indagini, che sono in corso di svolgimento, concerne sia l’effettiva proprietà da parte della Signora Ingoba di un gruppo operante nei servizi marittimi, sia il periodo di effettivo possesso, sia, infine (ciò che sarebbe l’eventuale fattispecie del reato), la mancata comunicazione da parte dell’AD di Eni al Consiglio di Amministrazione. L’AD ha già fornito al Consiglio ogni chiarimento in merito alla sua mancanza di conoscenza delle circostanza e dei presupposti oggetto di indagine: tutta la vicenda, inoltre, è già stata oggetto di verifiche di consulenti terzi, indipendenti ed esterni a Eni indicati dagli organi di controllo della società. Queste verifiche non hanno individuato irregolarità rispetto alla contestazione di cui all’indagine o smentito la veridicità delle dichiarazioni dell’AD.

Anche per quanto riguarda il procedimento Nigeria, teniamo a ribadire l’estraneità di Eni e del suo AD da qualsiasi condotta illecita e, anche alla luce della totale e provata infondatezza delle accuse formulate dal principale testimone dell’accusa: attendiamo con fiducia che la sentenza, di prossima emissione, confermi la correttezza dell’operato di Eni. Tale correttezza era, come noto, già stata verificata da indagini indipendenti svolte da tempo. È anche il caso di ricordare che sia il Dipartimento di Giustizia americano, sia l’organo di controllo dei mercati (Securities and Exchange Commission) hanno chiuso le proprie verifiche sull’operato di Eni in Nigeria (la Sec anche sul Congo) senza intraprendere iniziativa alcuna.

Per completezza di informazione, le chiediamo di pubblicare questa nostra precisazione.

Grazie, cordiali saluti.”

UFFICIO STAMPA ENI

Poteri Deboli prende atto della precisazione. Per la vicenda del conflitto d’interessi Descalzi è indagato, non c’è un processo. Attendiamo tutti con fiducia che la magistratura faccia piena luce su tutti gli episodi oggetto di indagine e/o del processo: Nigeria, conflitto d’interessi e il presunto depistaggio delle indagini (G.D.).