Nomine, Guarguaglini: “Su Leonardo prima le strategie, poi i candidati”

di Gianni Dragoni (Il Sole 24 Ore)

Analisi dei risultati e intervista a Pier Francesco Guarguaglini

 

Dividendo: Profumo non batte il record di Guarguaglini

Alessandro Profumo non ha battuto il record di Pier Francesco Guarguaglini. L’ex Finmeccanica, pur dichiarando un utile netto consolidato di 927 milioni di euro nel bilancio 2022, un risultato che include 235 milioni di plusvalenze generate dalla vendita di alcuni pezzi dell’americana Drs, distribuirà anche quest’anno un dividendo di soli 0,14 euro per azione, L’importo corrisponde a un controvalore di poco più di 80 milioni per tutti gli azionisti. Una cifra asfittica rispetto alle dimensioni dell’utile del gruppo, solo l’8,6 per cento.

Se il dividendo è così basso rispetto all’utile dichiarato, sorgono alcuni interrogativi sulla robustezza finanziaria e patrimoniale del gruppo e sulla sostenibilità dei risultati. Detto in altri termini: l’utile ufficiale del 2022, superiore a quello degli anni precedenti, è davvero il frutto di un andamento gestionale ripetibile negli anni a venire (a parte le plusvalenze che sono una tantum) o i conti sono stati un tantino tirati a lucido in coincidenza con la scadenza del mandato del cda e le nomine del nuovo vertice?

Ex banchiere. L’a.d. Alessandro Profumo

Mini-cedola

C’è anche un altro aspetto da sottolineare: il dividendo rimane invariato rispetto a quello che il gruppo distribuisce a partire dal bilancio 2016, con il quale il “ferroviere” Mauro Moretti ormai in uscita (e con una pesante condanna in primo grado, sette anni di reclusione, per la strage ferroviaria di Viareggio, ridotta a cinque anni in appello l’anno scorso) decise di ripristinare una cedola che gli azionisti non vedevano da sei anni.

Ma quella mini-cedola era _ ed è _ assai inferiore a quella che aveva distribuito l’ultimo bilancio firmato da Guarguaglini, quello del 2010. Allora venne pagato un dividendo di 0,41 euro per azione, corrispondente a un controvalore complessivo di 236,75 milioni. Non era un fatto episodico. Lo stesso monte-dividendi era stato pagato con i bilanci 2008 e 2009, come evidenzia R&S, l’annuario dell’area studi Mediobanca. Anche con il bilancio 2007 la cedola unitaria era la stessa di 0,41 centesimi, ma siccome c’era un numero inferiore di azioni in totale valeva 174 milioni. Dunque l’ultimo dividendo della gestione Guarguaglini (nominato presidente e a.d. il 24 aprile 2002 dal governo Berlusconi, dimessosi da presidente il primo dicembre 2011 quando c’era da pochi giorni il governo Monti), a cui sono seguiti anni di travagli, incertezze strategiche e indebolimento per il gruppo delle armi e aerospazio, per valore è quasi il triplo di quello che è stato poi pagato da Moretti per un anno e da Profumo per cinque anni (non c’è stato dividendo con il bilancio 2020, l’anno del Covid). Del resto i risultati successivi dell’ex Finmeccanica sono stati a lungo al di sotto di quelli raggiunti nell’epoca di Guarguaglini.

Ferroviere. Mauro Moretti con Massimo D’Alema

Confronto tra il 2010 e il 2022

Nel 2010 il gruppo aveva 18,69 miliardi di ricavi, 22,45 miliardi di ordini e 48,67 miliardi di portafoglio ordini; nel 2022 14,7 miliardi di ricavi, 17,3 miliardi di ordini, 37,5 miliardi di portafoglio ordini. A fine 2010 i debiti finanziari netti erano 3,13 miliardi, in sostanza lo stesso livello di fine 2022 (appena 97 milioni in più), ma oggi il perimetro industriale è inferiore e le cifre di ricavi, ordini e backlog sono più basse, dunque l’incidenza del debito è più alta. I ricavi attuali resterebbero inferiori a quelli del 2010 anche se si aggiungessero i circa 3 miliardi che, per l’intervenuto cambiamento dei principi contabili internazionali sul consolidamento, oggi sono esclusi dai ricavi consolidati perché derivano, pro quota, da joint venture non controllate quali Mbda, Atr, le società spaziali di cui è socio anche Thales e la partecipata al 25,1% Hensoldt.

Redditività inferiore ai gruppi stranieri

Per limitare lo sguardo agli ultimi tempi, osserviamo che la redditività del bilancio 2022, misurata con il margine dell’Ebit sui ricavi (6,5%), è inferiore sia a quella del 2016 (8,2%), l’anno precedente l’arrivo di Profumo (nominato a.d. il 16 maggio 2017), sia a quella del bilancio 2019 (8,4%), l’ultimo anno prima del Covid. L’Ebit margin del gruppo nel 2022 è inferiore anche a quello di altri gruppi europei della difesa come Thales, Bae Systems, Hensoldt e Rheinmetall, che ha avuto un’esplosione di redditività e della quotazione in Borsa.

Ministro della Difesa. Guido Crosetto

Intervista a Guarguaglini

Abbiamo interpellato Guarguaglini sulla questione più scottante del momento, le nomine dei nuovi vertici delle grandi aziende pubbliche, tra cui c’è (l’ex) Finmeccanica, che dal 2017 si chiama Leonardo (decisione presa da Moretti con l’avallo di Matteo Renzi). Tutte le frasi tra virgolette e in corsivo sono le risposte e le dichiarazioni di Guarguaglini. 

La strategia

Prima bisogna decidere le strategie, poi si può parlare delle candidature, perché un candidato può andar bene se si persegue un certo scopo ma non se l’obiettivo è diverso”, puntualizza Guarguaglini. L’ultimo grande capo di una “grande Finmeccanica” non vuole fare nomi, anche se ha ben presenti i potenziali candidati, i loro vizi e virtù, i loro sponsor.

La mia strategia fin dall’inizio del mio mandato nel 2002 _ spiega _ è stata quella di rendere la Finmeccanica una società non solo internazionale ma che avesse una presenza industriale significativa in alcuni paesi europei, a partire dalla Gran Bretagna dove c’era già AgustaWestland, e oltre agli elicotteri ci espandemmo anche nell’avionica e nell’elettronica. Poi facemmo l’accordo nell’industria spaziale con i francesi di Alcatel”, successivamente assorbita da Thales, che è il partner attuale dell’ex Alenia Spazio (ne possiede il 66,7%) e di Telespazio (33,3%). “In seguito abbiamo rivolto lo sguardo agli Stati Uniti. Prima puntai sulla L3, il fondatore e a.d. Frank Lanza ci propose di mettere insieme le attività elettroniche delle due società, ma i colloqui si arenarono dopo la morte improvvisa di Lanza nel giugno 2006. Da lì siamo passati ad esaminare il dossier di Drs nel 2007 e l’anno successivo abbiamo perfezionato l’acquisto, superando i severi passaggi della legge americana, che prevede una limitazione incisiva dei poteri di un proprietario straniero delle aziende della difesa”.

L’acquisto di Drs

“L’idea dell’acquisizione nacque da una colazione a Washington nel 2007 con il fondatore e a.d. di Drs, Mark Newman”. Nell’operazione ci sono state varie vicissitudini e alcuni passaggi opachi, come il coinvolgimento del facilitatore Lorenzo Cola. Finmeccanica ebbe la meglio, a caro prezzo, su un tentativo dei francesi di prendersi Drs, “si parlò di Thales, ma il vero concorrente era Eads”, l’attuale Airbus. “Avevamo già un accordo con Newman per il prezzo di acquisto, quando si seppe dell’interesse dei francesi facemmo un rialzo della nostra offerta e fu accettata, ma senza arrivare al livello che veniva attribuito ai francesi”.

Eads. L’ex presidente, Louis Gallois

Limitazione dei poteri

Il programma americano di mitigazione dei poteri del proprietario straniero_ prosegue Guarguaglini _ si traduceva nella cosiddetta proxy, un meccanismo che avrebbe relegato Finmeccanica al ruolo di semplice inv estitore finanziario, senza la possibilità di intervenire nella gestione nell’azienda né di sostituire gli amministratori o i manager. Era vietato perfino dare un aumento di stipendio a un manager, perché avrebbe potuto creare una sudditanza. Incontrai il viceministro del Tesoro americano, Bob Kimmitt, che accettò la nostra strategia per lo sviluppo di Drs. Fu raggiunto un accordo sull’assetto: due terzi furono assoggettati alla disciplina della Ssa (Special security agreement) che era guidata da Newman: questo significava che pur gestendo Drs attività di alta riservatezza era possibile per Finmeccanica definire prodotti e strategie con il management, tanto è vero che impostammo un programma sinergico tra ssa e attività europee. Il restante terzo della Drs fu messo in una società proxy (vuol dire che la società straniera proprietaria ha solo interessi finanziari) che dipendeva dalla Drs Ssa. Questa seconda società aveva un suo consiglio di amministrazione i cui membri erano scelti di comune accordo tra Finmeccanica e il governo americano. Del consiglio facevano parte anche una donna che era stata alto funzionario dell’Fbi e un ex vicedirettore della Cia. Questo comportava che, quando facevamo offerte alle forze armate americane, dovevamo fare un grosso lavoro per dividere l’attività tra le due parti dell’azienda. Usualmente il software veniva sviluppato dalla proxy e l’hardware dall’altra parte. Impiegammo tutto il 2009 e metà del 2010 per definire le attività da mettere sotto proxy e quali nell’Ssa”.

Drs era un piccolo sistemista, io volevo svilupparla. C’erano alcune parti che pensavamo di dismettere, ma l’intenzione comunicata all’a.d. Newman era di reinvestire i proventi per rafforzare Drs”.

Dagli elicotteri. Giuseppe Orsi

Cambia la musica

Il 4 maggio 2011 però in Finmeccanica cambiò la musica. Con il rinnovo del cda Guarguaglini rimase presidente con le deleghe per le strategie, fu nominato a.d. con le deleghe per la gestione Giuseppe Orsi, sostenuto dalla Lega, fino ad allora a capo dell’attività più forte del gruppo, gli elicotteri di AgustaWestland, il Cfo Alessandro Pansa fu promosso direttore generale.

Dai contatti tra Orsi e il ministero del Tesoro maturò un programma di ristrutturazione del gruppo, che prevedeva un piano di cessioni per ridurre l’indebitamento. Un piano non concordato con Guarguaglini, il quale nel marzo 2011 aveva formulato un progetto per dismettere quote di Ansaldo Energia (il 45%), alcune attività di Drs non core rispetto a Finmeccanica (reinvestendo i due terzi del valore in attività core) e immobili del gruppo da conferire a un fondo di “real estate”. La stima era di incassare 900 milioni. Questo piano però non fu approvato dal cda.

Ministero del Tesoro. Vittorio Grilli

I contatti con il Tesoro

Guarguaglini fu tagliato fuori dai contatti tra Orsi e il ministero del Tesoro, dove il ministro era Giulio Tremonti ma il più attivo sul dossier era il d.g. Vittorio Grilli, futuro ministro dell’Economia nel governo Monti. Si aprì una crepa nei rapporti tra Guarguaglini, il cda e l’azionista che portò alle dimissioni di Guarguaglini il primo dicembre 2011.( Contrariamente ad alcune ricostruzioni giornalistiche, le dimissioni non furono dovute alle inchieste giudiziarie nelle quali nel frattempo il presidente era stato coinvolto, nelle carte che Poteri Deboli ha visionato non se ne parla.) Le dimissioni furono causate da divergenze con Orsi e il cda sulle strategie e dalla revoca delle deleghe che il cda aveva affidato a Guarguaglini il 4 maggio.

Lettere e verbali inediti del cda

Ecco la ricostruzione di quei passaggi, secondo documenti inediti. L’11 novembre 2011 il presidente scrisse una lettera ai consiglieri di amministrazione di Finmeccanica, nella quale affermava: “Al consiglio del 14 novembre è intenzione dell’amministratore delegato presentare un programma di ristrutturazione e consolidamento del gruppo che prevede, tra l’altro, un piano di riassetto e un piano di cessioni che coinvolge in modo significativo il perimetro di business di Finmeccanica. (…) Non ho partecipato a nessuna delle riunioni in cui sono stati trattati i suddetti argomenti”. Guarguaglini precisava di aver ricevuto “una prima bozza del documento solo il 4 novembre 2011”. “Successivamente _ proseguiva la lettera _ ho ricevuto una versione definitiva il pomeriggio del 9 novembre, con significative modifiche che tra l’altro non recepivano nessuna delle mie prime osservazioni verbali. Questa versione è stata poi inviata a tutti i consiglieri nella mattina del 10 novembre e discussa al Tesoro dall’a.d. e dal d.g., in mia assenza e senza che io fossi preventivamente informato dell’incontro. Comprendo da questo percorso procedurale come la mia opinione sia ritenuta priva di qualsivoglia rilevanza (…)”. Guarguaglini ne traeva le conclusioni: “Del resto, questa vicenda non fa che confermare quanto avvenuto in questi mesi in cui mi è stato sostanzialmente impossibile assolvere al compito più significativo attribuitomi dalla società, quello di “individuare le linee di indirizzo strategico della società e del gruppo, della politica di alleanze, acquisizioni e dismissioni da sottoporre al consigli odi amministrazione, in coordinamento con l’amministratore delegato” ”. Guarguaglini nella lettera chiedeva un chiarimento o di “ricercare in via consensuale soluzioni alternative”, come preannunciato non partecipò al cda del 14 novembre.

Le dimissioni

Al successivo cda, il primo dicembre, fu posto al primo punto all’ordine del giorno “Revisione deleghe e conferimento poteri di cui alla delibera del 4 maggio 2011”. Nel verbale del cda si legge che il consigliere anziano, ammiraglio Guido Venturoni, ricordò che nella precedente riunione del cda “si pose l’esigenza di rivedere la struttura delle deleghe stesse alla luce dell’evoluzione della situazione societaria al fine di assicurare la migliore efficienza nella gestione del gruppo, considerando l’opportunità della concentrazione in un solo amministratore delle deleghe operative. In tal senso, si è provveduto nella stessa riunione ad approvare il piano presentato dall’a.d. cui sono stati altresì conferiti tutti i poteri necessari per la relativa attuazione”. Venturoni illustrò quindi una proposta di delibera che prevedeva di “1. modificare l’assetto organizzativo approvato con la delibera del 4 maggio 2011 e di concentrare le deleghe relative alla gestione della società conferendole all’a.d. ing. Giuseppe Orsi” e “2. Revocare le deleghe ed i poteri attribuiti all’ing. Pier Francesco Guarguaglini con la medesima deliberazione in data 4 maggio 2011”.

In una dichiarazione a verbale Guarguaglini affermò che le strategie e le azioni portate avanti in nove anni avevano “garantito al gruppo Finmeccanica risultati consistenti specialmente in termini di crescita e posizionamento internazionale. Se nel 2002 il gruppo si attestava al 14° posto della classifica tra le grandi aziende aerospaziali internazionali, oggi ha stabilmente raggiunto la settima posizione. Da notare che nel 2022, secondo uno studio di Mediobanca pubblicato il 4 aprile scorso, Leonardo è all’ottavo posto per ricavi tra i gruppi mondiali del settore. Nella dichiarazione al cda Guarguaglini ricordò di aver formulato un piano di dismissioni per 900 milioni nel marzo precedente e osservò: “Purtroppo, sebbene mi sia stata assegnata la delega per le strategie, non ho potuto dare il mio contributo puntuale ed efficace (…) all’ideazione e alla strutturazione dettagliata del nuovo piano industriale, perché non sono stato coinvolto in nessuna delle sue fasi”. Aggiunse: “La vostra richiesta di un consiglio straordinario è stata formulata prima della bufera mediatica e quindi spero che il vostro giudizio non sia influenzato da quanto sta accadendo. In ogni modo torno a ripetere la mia totale estraneità a qualsiasi fatto men che corretto”. Guarguaglini anticipò che in caso di revoca delle deleghe si sarebbe dimesso da presidente e da consigliere e così avvenne, dopo che il cda deliberò unanime la revoca (non parteciparono al voto Guarguaglini e Orsi). Nella riunione il presidente del comitato remunerazioni, Dario Galli, esponente della Lega, fece presente che in base al contratto di amministrazione a Guarguaglini sarebbero spettati tutti i compensi previsti fino al termine naturale del mandato, cioè per altri due anni e mezzo circa, sottolineando che l’interruzione del contratto non avveniva per giusta causa, in quanto non vi erano responsabilità imputabili a Guarguaglini. Non vi erano ragioni giudiziarie nelle dimissioni, tant’è vero che nel 2012 le indagini furono archiviate su richiesta del sostituto procuratore Paolo Ielo.

Pm. Paolo Ielo

“Riepilogando, avevamo stabilito una presenza in Gran Bretagna, in Francia, negli Stati Uniti. A un’assemblea _ ricorda Guarguaglini _ un azionista mi chiese perché giravo tanto, gli risposi ‘non voglio stare con le finestre chiuse’, uno va all’estero per conoscere e stabilire rapporti, cogliere nuove opportunità. Questa mia strategia però non andava bene ad Orsi, che era più conservativo e non andava bene al governo. Siccome non volevo fare quello che stava lì e prendeva gli ordini mi sono dimesso”.

Le mosse di Orsi

“Andato via io a Orsi, seguendo il suggerimento di alcuni americani, non andava bene avere una Drs divisa in due, una sotto proxy e una in Ssa. Orsi si fece convincere da Newman che avere il 100% in proxy avrebbe consentito all’azienda di avere più ordini. Newman aveva tentato anche con me ma io non ero stato d’accordo. Per me fare il 100% di proxy era come uscire dagli Stati Uniti. Dall’esterno suggerii di cambiare strategia: “Vendete e rafforzatevi in Europa”. Pensavo che sarebbe stato più conveniente tentare di comprare la Saab o l’elettronica per la difesa che ora è nella tedesca Hensoldt, allora era una divisione di Airbus che non aveva interesse a quest’attività e fu poi venduta al fondo americano Kkr”. Leonardo ha finito per comprare il 25,1% di Hensoldt, acquisto perfezionato all’inizio del 2022, ma ha pagato molto più caro rispetto a quello che avrebbe potuto pagare se avesse comprato direttamente da Airbus negli anni precedenti. Infatti si stima che Kkr abbia pagato l’intera attività circa un miliardo di euro, poi ha rivenduto varie quote di Hensoldt un po’ per volta. Una parte l’ha presa il governo tedesco, infine Profumo ha pagato il 25,1% 606 milioni.

“Quando stava andando via Moretti e il presidente americano era Donald Trump, non c’era ancora il nuovo ministro della Difesa, presi un’iniziativa personale chiedendo negli Stati Uniti se era possibile tornare alla situazione iniziale, Ssa più proxy. La risposta dagli Stati Uniti fu: se lo chiede la società sicuramente no, se lo chiede il governo italiano la risposta potrebbe essere diversa. In un’altra occasione sono stato interpellato tramite altre persone dal Pentagono che era interessato a conoscere i criteri di scelta dell’a.d. di Leonardo; a quel che ne so ebbero risposte insoddisfacenti. Tutto questo per dire che Finmeccanica non può essere trattata come l’Eni, l’Enel o Terna. Se uno deve scegliere una persona deve capire se è più legata all’Europa o agli Stati Uniti, andrebbe visto ogni candidato che strategia ha e che strategie ha il governo”.

Premier. Giorgia Meloni

Strategie e nomine

Quale strategia suggerirebbe oggi Guarguaglini?

“Penso che la strategia del mio tempo sia valida, con opportune variazioni per tener conto della situazione attuale. Per esempio in Gran Bretagna essendo Finmeccanica Uk il secondo fornitore della Difesa i contatti con il governo erano continui e proficui. Quando acquistammo le attività inglesi incontrai tre ministri, non solo quello della Difesa, anche quelli della Ricerca scientifica e del Lavoro. Mi spiegarono che per loro era fondamentale che l’attività di eccellenza, la produzione e il lavoro venissero sviluppati sul territorio britannico e volevano garanzie. Ora mi è stato detto che gli inglesi si sentono abbandonati e vorrebbero cambiare casacca. Il governo inglese ha dato un contratto negli elicotteri direttamente agli Stati Uniti senza passare per AgustaWestland. Se dovesse succedere che Leonardo venda la propria attività inglese diminuirebbe la presenza dell’industria italiana nel programma Tempest al quale Leonardo tiene tanto”.

Guarguaglini non parla di candidature, però fa notare che “non è detto che ci debba essere un a.d. con tutti i poteri e un presidente come nello schema attuale. Occorrerebbe conoscere in anticipo sia le strategie che i singoli candidati porterebbero avanti, sia l’orientamento strategico del governo. Ci potrebbe essere un presidente che si occupi di strategie e un a.d. responsabile per la gestione operativa”.

L’altro aspetto che Guarguaglini mette in evidenza è l’importanza della squadra di manager e la competenza nel settore. “Il problema non si risolve con un uomo solo al comando. Ai miei tempi avevo una squadra di collaboratori preparati e intraprendenti, tra gli altri Giorgio Zappa, Giuseppe Zampini, Amedeo Caporaletti, Sergio De Luca, Remo Pertica, Fabrizio Giulianini e altri”. Oggi la situazione è molto cambiata…